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Area Sport

Maria Grazia Patti: se sono campionessa del mondo la "colpa" è tutta di papà

 

In pista per una sfida. Una sana, autentica voglia di rivalsa che l’ha portata a vincere l’oro dopo anni di sacrifici. Questa è la storia di Maria Grazia Patti che, in coppia con Antony Boris Coppola, ha vinto la medaglia d’oro nel World Championship Master Class I Latin disputato a Bertrange lo scorso fine settimana.

Come è andata a Bertrange?

È stata una gara bellissima con un pubblico fantastico. Siamo arrivati il giorno prima con i nostri fan al seguito: la famiglia di Antony, tanti amici e il nostro allenatore. Lui è stato con noi entrambi i giorni ed è stato fondamentale.

In che modo?

È stato importantissimo. Quando balli non percepisci cosa sta effettivamente succedendo in pista, sei concentrato a fare bene. Avere avuto uno sguardo esterno che potesse consigliarci, correggerci o suggerirci come affrontare la gara, è stato indispensabile.

Così è arrivato questo l’oro…

Siamo stati la quarta coppia che ha iniziato a ballare. La nostra prima danza in assolo è stata la Rumba: è il mio ballo preferito ed è quello che mi fa riscaldare in maniera opportuna, quindi sono e siamo stati molti contenti della scelta. Il calore del pubblico poi è stato incredibile, ci ha seguito con gli sguardi, con cori, ci hanno incitato dall’inizio fino alla fine. La forza del pubblico ha fatto la differenza. È stato davvero tutto emozionante. Al termine delle 5 prove non avevamo la percezione di quello che sarebbe successo da lì a poco. Ci siamo resi conto di cosa stava accadendo quando le coppie da premiare erano rimaste solo due. Lì abbiamo iniziato a capire e a sperare. D’istinto sono andata dal papà di Antony chiedendogli di darmi il Tricolore che fino a quel momento aveva sventolato sugli spalti del palazzetto. Quando ci hanno chiamati come primi classificati è stato indescrivibile. Ci ha accompagnato un urlo di gioia. È stato fantastico anche se non è mancato un imprevisto mai successo prima.

Cioè?

In questa gara, il ballo lo abbiamo dovuto un po’ “reinventare”.

Reinventare?

Un fuoriprogramma, abbiamo dovuto avere la capacità di interpretare la coreografia sul momento. La cosa più bella di questo floorcraft è stato la capacità mia e di Antony ti sentirci in totale sintonia, è stato magico per come la coppia si è sentita in pista, eravamo un corpo solo.

Come ti sei avvicinata alla danza sportiva?

Lo sport non era nelle mie corde. Mi sono avvicinata al mondo della danza grazie a mio papà che si iscrisse in una scuola di ballo e iniziò a “torturarmi” per andare a ballare con lui. All’inizio non era assolutamente una cosa che mi interessava, anche perché ero un’adolescente e a quell’età volevo sicuramente fare altro piuttosto che andare a ballare con il mio papà. Vista la mia riluttanza iniziale mio papà coinvolse nel ballo anche mio fratello, più giovane di me e più interessato a quel mondo. Mio fratello iniziò a gareggiare e ad ottenere ottimi risultati e in me a quel punto scattò una sorta di sana rivalsa e di competizione nei confronti del mio papà e di me stessa. Da quel momento non mi sono più fermata.

E i risultati di Bertrange parlano per voi…

Sono 4 anni che lavoriamo per arrivare a disputare un mondiale. La nostra carriera di atleti ha rispettato tutte le fasi di avvicinamento per consentirci di partecipare a questo evento. Siamo partiti dal basso facendo tutti i passaggi di merito - Classe A , A1,  Classe Internazionale, Diploma di maestro di ballo e poi Diploma di giudici di primo e secondo livello – e poi l’aver incontrato Antony prima come partner di ballo e poi come compagno nella vita mi ha permesso di arrivare a disputare e a vincere un mondiale.

Tanta esperienza e partner giusto?

Non solo. Deve piacerti la danza e, soprattutto, devi avere voglia di sfidare te stesso. In pista la competizione sportiva è prima con noi stessi poi verso gli altri atleti. La nostra competizione è con noi stessi, fare il massimo per essere orgogliosi di noi. La vittoria è importante, ma per prima cosa dobbiamo essere fieri di noi di come abbiamo ballato.

È questo il consiglio che daresti a un giovane?

Sicuramente! Pretendere da loro stessi il massimo. Questo si può mutuare per lo sport, ma anche per ogni ambito della vita. Il senso della vittoria finale per me è quello di non aver mai mollato e di non mollare mai di fronte alle difficoltà.