Dire Flamenco è dire Spagna. Anzi, per la precisione, Andalusia. Eppure a ben scavare nella storia ha radici che si ramificano nella cultura dei musulmani (che abitarono la penisola iberica) e degli Ebrei. In tanti attribuiscono questa danza al popolo gitano (che in effetti ne sono i custodi principali), ma questo ballo esisteva già prima del suo arrivo in Spagna nel 1400.
Un equivoco che storicamente è stato a lungo “supportato” anche dalla “Carta Marruecas”, un documento che nel 1774 fu scritto da José Cadalso, personaggio dell’Illuminismo che fu allo stesso tempo scrittore e militare.
Musica e danza hanno ritmi e forme così singolari che ne assicurano il ricordo spontaneo in frazioni di secondo: la mente viene subito proiettata in scenari che ricordano la Spagna. Eppure anche le discussioni e le ricerche sull’origine del suo nome conducono a terre e civiltà più lontane. Secondo alcuni, infatti, il nome deriverebbe da “felag mangu” che in arabo significa contadino sfuggente.
Responsabile tecnico nazionale di disciplina: Elisabetta Mascitelli (provv. 108/2019)